domenica 26 dicembre 2010

Socialismo reale o comunismo

Ferrara Miroslava
Il socialismo reale come realtà soggettiva rievoca in me disparati ricordi, il primo tra tutti il profumo del carbone nell’aria. Scesa dall’aereo della CSA, un tanfo incredibile mi occupava le narici. Un altro ricordo sono le ciambelle fritte nel burro, koblihy, con la marmellata, che mia nonna mi portava già all’aeroporto in un sacchetto di carta unto. Questi i primi due, poi gli altri ricordi, come il latte venduto nei sacchetti di plastica, le gomme da masticare Pedro, i pantaloncini delle mie amiche tutti uguali, i cestini colorati al supermercato di ferro filato intrecciato, l’odore nel negozio di drogheria, i tram con i sedili bollentissimi. 
Insomma, socialismo reale per me significa una notevole parte della mia infanzia, e l’infanzia, per la maggior parte della gente, è il periodo più bello. Questo vale anche per me. Il comunsimo cantato alle manifestazioni in Italia negli anni 80, me lo immaginavo come la realtà ceca delle mie vacanze. Era uno spazio con boschi e lamponi, si andava a raccogliere i funghi e si arrostivano i salsicciotti sul fuoco. Le classi delle scuole erano fornite di un proiettore per le diapositive e di piante nei corridoi, all’esterno della scuola passava il tram. L’unica cosa che non mi andava a genio era il tempo perso alle frontiera con l’Austria, questo era per me un avvenimento incredibilmente noioso, ci controllavano la nostra piccola macchina minuziosamente, cercando non sapevo che… .

Le realtà cambiano, non saprei dire se cambiano perché il soggetto che le vive cresce e si evolve e prende una strada, (ci sono soggetti che non si evolvono mai!), o la realtà cambia perchè gli avvenimenti e le situazioni la cambiano. Difficile, in fondo la storia, così come la moda, ha i suoi come-back. Ora sono grande e so cosa vuol dire socialismo reale, che non corrsiponde a comunismo. Il socialismo reale è stato anche una prigione per chi non era d’accordo con il regime, carenza di determinati prodotti alimentari e di consumo, la difficoltà di viaggiare e andare in Occidente, l’efficienza della polizia segreta e tante, tante altre situazioni negative. 

Vivere tra questi due mondi è stata un’esperienza di vita, perciò sono molto tollerante nel criticare una o l’altra realtà. L’Italia degli anni ‚50 non era una realtà democratica, i manifestanti attaccati dalla polizia, molte volte anche morti per le strade, così come il diktat del consumo di oggi non è il prototipo di democrazia: tutti costretti a comprare beni di consumo per non essere esclusi dalla società. Penso che il popolo ceco vivendo il socialismo abbia dato il meglio di sè, nello stesso modo in cui lo ha dato vivendo gli anni sotto la corona degli Asburgo, mi riferisco a Hašek, Masaryk, Čapek ecc.. Nel periodo di Gustav Husák la curiosità di conoscere il non permesso l’ha spinto ad andare avanti, alla ricerca non soltanto dei beni di consumo, ma a livello di conoscenza del sognato, ad imparare a leggere tra le righe, ad attaccare le cose ingiuste e mi sembra che, pian piano, queste facoltà si vadano perdendo, rendendo i cechi una normale nazione occidentale. Ma i cechi sono veramente un popolo di consumisti, menefreghisti? Io, dal mio punto di vista non penso sia così, anche perché insegno e la mia professione mi permette di conoscere i giovani che osservano, criticano, interpretano le realtà che li circondano, non sono menefreghisti e questo mi rimepie di speranza.

4 commenti:

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  2. forse vorresti anche ricordarci altre "situazioni negative" - complimenti per l'eufemismo - come ad esempio gli anni 50 quando la "realta" del socialismo tento' di annientare la nostra élite. forse vorresti spiegarci il furto mascherato da riforma monetaria.
    chinarsi o meno al "diktat" del consumismo e una scelta che ognuno di noi e libero di fare. paragonare il consumo ad una dittatura politica e' demagogia voluta e gratuita.

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  3. Ciao Katerina,
    grazie del Tuo commento. Naturalmente hai ragione a ricordare il male profondo che il regime comunista ha causato alla società ceca. Credo, però, che l'intenzione dell'autrice fosse piuttosto quello di dare uno sguardo a quel passato molto personale. Riportare i ricordi di una bambina piccola che all'epoca non poteva capire i mali della politica e si soffermava solo sulle differenze più superficiali. Una specie di amarcord. Anch'io ho ricordi simili perché ho un'esperienza di vita simile a quella di Mirka e condivido molti di questi ricordi.
    Quindi non prendere questo articolo come un'apologia del comunismo ma solo come un A la recherche du temps perdu
    Vlfvs

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  4. in effetti non ce l'ho con i ricordi da bambina, ma con le conclusioni alle quali arriva da adulta (nella parte finale dell'articolo).

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