domenica 26 dicembre 2010

Piccoli lesti piccioni e i professionisti del buffet


Vlfvs in Fabvla


Qualche tempo, durante una conferenza stampa, mi è capitato di assistere ad una scena che, purtroppo, qui in Repubblica Ceca è ancora abbastanza frequente: un piccolo commando di professionisti del buffet in azione. Parlo di quelle persone che, spacciandosi per giornalisti, frequentano i più svariati eventi al solo scopo di rifocillarsi, quando va bene, o addirittura di ubriacarsi quando va male. Di questi tristi personaggi qui in Cechia, ahimè, siamo ancora pieni. Di solito si tratta di persone di una certa età, figli di un’epoca, quella del regime comunista, in cui tutti si sentivano autorizzati a prendere per sé quanto più potevano. Lo Stato, e la nomenklatura che lo guidava, avevano abolito, per i cittadini ma non certo per sé, la proprietà privata e se tutto appartaneva al popolo, cioè a tutti, questi poi, privati del diritto di possedere, si sentivano autorizzati a depredare alle spalle del regime.
Uno di questi professionisti del buffet lo avevo già incontrato più volte: un signore anziano, capelli e barba unti, occhiali fondo di bottiglia con design sovietico. E fin qui poco male, se non fosse per il fatto che emanava un odore nauseabondo. Probabimente il suo senso etico era davvero troppo debole perché comprendesse che, se già si intrufolava per mangiare a sbafo, avrebbe almeno potuto risparmiarci quelle esalazioni vomitevoli, ma tant’è.
Quello che, invece, mi ha colpito era una signora, anche lei anziana, se pure più giovane del fetente. Era vestita con abiti che forse ai suoi occhi apparivano eleganti o quasi: una gonna improponibile e un maglione nero molto largo con delle sfere colorate modello albero di natale come tanti uguali ne ho visti quando, da piccolo, venivo nell’allora Cecoslovacchia. Insomma, esteticamente era rimasta ferma ai primi anni ’80. Ma, quel che è peggio, viveva anche negli anni ’80. L’ho vista avvicinarsi al tavolo del buffet almeno una decina di volte. Da ogni incursione si portava dietro un bignet diverso, li ha assaggiati davvero tutti e sì che non erano pochi. Li ha innaffiati con un tè seguito da due aranciate. Durante ogni assalto si guardava intorno con occhi guardinghi, quasi temesse di venire scoperta da un momento all’altro. Forse, se qualcuno le si fosse avvicinato chiedendole per quale testata scrivesse sarebbe fuggita svolazzando via come un piccione. E, infatti, pareva proprio un piccione: prudentemente si avvicinava al tavolo guardandosi intorno, con movimento rapido e sicuro catturava il bignè, agognata preda, e tornava lesta nelle retrovie dove, masticando rapida il bottino, già si preparava al prossimo assalto. Famelica, proprio come un piccione che abbia incontrato l’improvvisa generosità di un essere umano, non sapeva quando sarebbe finita la manna e così, in barba ad ogni decenza, finito un bignè si gettava immediatamente all’attacco, decisa a sfruttare al massimo il momento propizio. Il suo collega, il profumiere dai miasmi infernali, sembrava più tranquillo, forse presenziando più di un evento di quel tipo ogni giorno non aveva bisogno di strafogarsi. La sua “professionalità” da esperto del buffet si è manifestata anche nel fatto che è rimasto pure durante la presentazione del progetto, anche se a momenti sembrava che il lauto pasto gratuito lo tenesse a fatica sveglio. Cosa che non si poteva dire della sua collega che, al pari del piccione, chiusa la mangiatoia si è impunemente defilata.
Inizialmente non ho potuto evitare di provare disprezzo per lei. È vero che sta anche agli organizzatori evitare di invitare simili scrocconi, d’altra parte, a meno di eventi davvero speciali, nella maggior parte dei casi questi fanno fatica a riempire le sale tante sono le conferenze stampa, soprattutto in questo periodo dell’anno, che si susseguono ogni giorno a Praga. E così, tanto per fare numero, non controllano le referenze dei giornalisti, o presunti tali, che si presentano chiedendo di essere accreditati. Probabilmente quello che mi aveva infastidito era l’impudicizia della sua voracità con la quale, senza sosta, si avvicinava al tavolo del buffet. Ma al disprezzo è seguita la commiserazione. In realtà questa donna, questo povero piccione famelico, era il prodotto di una cultura, quella del regime comunista nel quale era nata e cresciuta, oppressiva e annichilente che, in nome di alti ed eterei ideali, di fatto denigrava la dignità del singolo, reso marionetta inerme di un gioco di potere più grande di lui. E a questi burattini, cui veniva negata la dignità di essere individui, a questi milioni di grigi piccioni, tutti uguali uno all’altro, resi identici dalla perenne scarsità, dalla paura di alzare la testa, non rimaneva altro che arraffare dove potevano e quanto potevano vendicandosi, nella loro misera piccolezza, del sistema che giorno dopo giorno uccideva le loro anime.
Quest’anno è stato festeggiato il ventesimo anniversario della fine del regime comunista. Ma cos’è una sola generazione nella storia umana? Purtroppo i frutti avvelenati di quel sistema perverso continueranno ancora a lungo ad ammorbare il nostro presente rallentando e ostacolando il nostro futuro.

Nessun commento:

Posta un commento