lunedì 27 dicembre 2010

Harold & Maude


 Linda Morini

Harold & Maude è uno dei film più toccanti che possiate decidere di guardare. Sul serio. È difficile spiegare esattamente il motivo per cui sia così straordinario, ma ci proverò. 
Per prima cosa, questa pellicola parla di ognuno di noi, ciascuno è una delle margherite nel prato dove i protagonisti discutono sull'essere uguali o diversi. In questo film tutto è il contrario di tutto, e lo è in modo naturalmente perfetto. Harold impara a sorridere guidando un carro funebre, scopre l'amore grazie a qualcuno che non immagineremmo certo essere un possibile amante. Vi darà la forza di essere voi stessi, o di conoscervi più a fondo. Harold & Maude è un film evocativo, sembra quasi di sentirlo il profumo della neve che Maude ha chimicamente riprodotto... e in fondo è proprio l'olfatto il senso del ricordo, quello capace di riportarci in un secondo a rivivere momenti che credevamo sepolti nella memoria. Vi è mai capitato, passeggiando tra la folla, di sentire “quel” profumo? Se la risposta è sì, allora sapete cosa intendo.
Dicevo, Harold & Maude è tutto un controsenso: attraverso la morte, si impara ad assaporare la vita, attraverso la vecchiaia, si impara la spensieratezza: Harold ha diciotto anni, Maude quasi ottanta. Eppure è proprio Maude, così vicina alla morte, che spinge Harold in quel turbinio che è la vita, che gli regala quanto di più importante si possa desiderare: le emozioni. Che si tratti di tristezza, felicità, stupore, amore, odio, rabbia, provare un'emozione equivale a sentirsi vivi. Persino l'aspetto di Harold cambia nel corso della pellicola: pallido e grigio inizialmente, quando inscena un suicidio dopo l'altro per avere un po' di attenzione dalla madre, diventa man mano sempre più roseo, più rilassato, la sua pelle è finalmente stata baciata dal sole dopo anni di oscurità e solitudine. La morte è un tema ricorrente del film, ma non porta il dolore e la tristezza che immaginiamo: con la morte ci si scherza, la si prende quasi in giro perché in realtà, e pochi se ne accorgono, vivere fino in fondo vuol dire non morire mai davvero. 
Non so di preciso quale sia il messaggio che il regista, Hal Ashby, abbia voluto dare con questo film. L'ho guardato e riguardato, provando a capire, con la sensazione che ci fosse sempre ancora qualcosa di più. Ho concluso, alla fine, che i messaggi son tanti e ognuno sceglierà quello che preferisce, perché a volte porsi una domanda è più importante di trovarne la risposta. Dal canto mio, ho deciso che nella vita non bisogna avere mai pregiudizi, anche di fronte alle persone o alle situazioni più strambe, che non bisogna mai smettere di cercare, provare, toccare e sentire: è il contatto col mondo e con gli altri che ci rende vivi e non semplicemente sopravvissuti. Ho imparato che non bisogna aver paura di niente, né dell'amore, né della morte, né di scegliere. Anche quando la scelta è sbagliata, o sembra non aver senso alcuno, o ancora non sappiamo bene perché l'abbiamo fatta. Ho capito che è importante non vergognarsi di essere sé stessi, in fondo, come dice Maude “gran parte delle brutture di questo mondo viene dal fatto che della gente che è diversa permette che altra gente la consideri uguale”, ed è proprio così! Questo bisogno continuo di essere come gli altri, accettati e apprezzati dagli altri, ci porta a vivere ogni giorno come una frenetica lotta per arrivare a una meta e non si sa nemmeno perché e per chi: già, chi sono gli altri? Non è forse vero che chi ci ama, ci ama per come siamo e non per come vorremmo essere? E non sarebbe più facile essere noi stessi invece che indossare una maschera e un costume per tutto il tempo? La prima volta che guarderete questo film, vi sembrerà di non esservi mai goduti davvero la vita. Vi verrà voglia di uscire e correre a perdifiato senza motivo, o di fare una capriola o rotolare giù da una collinetta. Oppure vi verrà voglia di baciare chi avete accanto, farci l'amore, o ancora di accarezzare una chitarra dolcemente e con il dito insistere sulle corde, trattarla come se le sue insenature fossero i fianchi di una donna. E vi verrà voglia di ridere e di piangere. Se questo film vi farà fare anche solo una di queste cose, ne capirete la bellezza. Quando poi penserete che questo film non può darvi più di così, dolci note cattureranno la vostra attenzione, perché la colonna sonora è firmata da uno dei più grandi cantautori del secolo scorso: Cat Stevens.

Harold & Maude acquista così il sapore dell'infanzia, il sapore di un vecchio lp dei genitori che un giorno per curiosità, quasi per sbaglio, metti sul giradischi impolverato, e, tutto ad un tratto, questa musica incredibile ne esce, lasciandoti muto e stupito. Ecco che davanti ai tuoi occhi si para un grande prato verde, una casetta bianca con il giardino zeppo di erbe aromatiche e fiori, ne puoi quasi sentire il profumo. Chiudendo gli occhi, si può vedere una ragazza dalla gonna larga che fa le valige e parte verso il Big Sur, un'arzilla vecchietta che suona il piano cantando a squarciagola un motivo spensierato, si possono vedere treni cosmici, bambini che giocano sull'altalena. La voce di Cat Stevens risuona come una favola della buonanotte, come una carezza che asciuga una lacrima, come l'abbraccio di un amico. 
Per tutti questi motivi vale la pena vedere un film che ha quarant'anni e tuttavia è eterno, fuori dal tempo e dagli schemi, sospeso tra i ricordi e i sogni, tra i rimpianti e le decisioni giuste o sbagliate che siano, tra il passato e il futuro canticchiando spensierati nel presente.

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