mercoledì 28 marzo 2012

ALPHA LITTERAE 05

Finalmente è uscito il quinto numero di ALPHA LITTERAE, Equinozio di Primavera 2012!

La Rivoluzione è prossima, non fatevi trovare impreparati: leggete ALPHA LITTERAE! Clicca qui.



https://docs.google.com/open?id=0B_jsPrr66wIARmprQ1NRMlZTU3lhbThOR3hmTFRyUQ

domenica 22 gennaio 2012

ALPHA LITTERAE 04

Ecco finalmente il quarto numero di ALPHA LITTERAE in una veste grafica completamente nuova!

Per scaricare la rivista clicca qui

martedì 5 aprile 2011

NUOVO NUMERO DI ALPHA LITTERAE!

Carissimi Amici, Lettori, Ammiratori o presunti tali,

finalmente eccomi qui a pubblicare il (spero) tanto da Voi agognato primo numero di Alpha Litterae. Sì, so di aver promesso di inviarlo il 20 marzo, l'Equinozio di Primavera. Purtroppo, Vi prego di credermi, sono stato realmente oberato di lavoro e di impegni e, ahimè, il time management non è proprio la mia specialità.

Ma ho fatto del mio meglio e, con l'aiuto dell'impagabile Impoliticvs e di tutti gli amici, vecchi e nuovi, che hanno contribuito, alla fine sono riuscito a mettere insieme un'edizione di Alpha Litterae che spero troverete interessante e piacevole da leggere.

Devo ammettere di essere anche un po' deluso per aver fatto affidamento sulle promesse di partecipare di alcune persone che, poi, non le hanno volute mantenere. Come scritto in fondo nei ringraziamenti a volte è meglio dire semplicemente no, piuttosto che promettere qualcosa e poi deludere un amico visto che, a conti fatti, gli amici sono una cosa importante. Ma bando alla tristezza, in fondo un progetto come questo, basato sul volontariato e sulla condivisione di una comune passione, sarà necessariamente sempre esposto a defezioni di questo tipo. Fa parte del gioco.

Quindi, per farLa breve, Vi auguriamo una buona lettura e, già da adesso, siamo a ricordarVi che per noi sarà un grande piacere ricevere tutti i Vostri commenti, positivi o negativi che saranno e, naturalmente, attendiamo con gioia i Vostri contributi per il prossimo numero che, questa volta, uscirà per tempo nel giorno del Solstizio d'Estate (forse...).

Un carissimo abbraccio

Vlfvs in Fabvla et Impoliticvs
Clicca per leggere o scaricare il nuovo numero di Alpha Litterae!

lunedì 27 dicembre 2010

In Principio era il Verbo


Vlfvs in Fabvla

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.” Un incipit altisonante, quello del Vangelo secondo Giovanni, il cui significato merita una riflessione. Il verbo è il principio, l’inizio di tutto. Il Verbo era prima del mondo e dal Verbo è stato creato il mondo. Alla base di tutto, dunque, vi è l’idea, il pensiero, il concetto che diventa verbo e dà origine al mondo. Per questo motivo, il mondo, così come lo viviamo, è il frutto dell’idea che noi ne abbiamo. Il verbo, la parola con la quale lo descriviamo, lo interpretiamo è lo strumento tramite cui possiamo immaginare il mondo e, dunque, comprenderlo, controllarlo e modificarlo secondo le nostre esigenze. E da qui ha origine il potere immenso che il verbo ha e che mi fa credere in questo progetto.
Ogni cosa nasce prima come idea assoluta e perfetta. Forse il verbo è l’energia che sta a sinistra dell’equazione di Einstein E = mc2 e ciò che sta a destra è lo stesso verbo fattosi carne, il mondo fattosi materia. Nel DNA gli scienziati oggi vedono una specie di programma estremamente complesso che contiene tutte le istruzioni necessarie per regolare la vita e un software, in fondo, non è costituito che da un insieme di verbi.
Perché questo incipit? Ha inizio una nuova avventura, un collettore di flussi di energia che legano persone, pensieri, cose, sensazioni ed emozioni. Il nome, il Verbo, è la sostanza, e la forma è la materia di quello che si chiamerà Alpha Litterae.
Alpha perché è la prima lettera dell’alfabeto. Rappresenta un inizio, una nuova genesi. Alpha perché è la prima lettera greca e greche sono le fondamenta filosofiche, il Verbo, che hanno formato la civiltà nella quale viviamo. Alpha come aspirazione ed ispirazione verso il miglioramento e il perfezionamento di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Litterae perché tutte le altre lettere sono il mezzo con il quale il Verbo si fa Carne. Litterae perché il latino è il fondamento della lingua che usiamo e la civiltà latina di quella italiana e quella europea di cui siamo figli.
Esplicato il Verbo resta da affrontare la sua Natura. Viviamo in una civiltà oberata di informazioni. I mezzi di comunicazione di massa ne permettono una diffusione senza precedenti nella Storia. Ciò non può che essere salutato con favore, le informazioni sono alla base del sapere e il sapere, la consapevolezza del mondo latu senso, è la presa di coscienza del verbo che si fa carne. Ma quanta di questa informazione è davvero Sapere? Non occorre riflettere a lungo per capire che solo una parte minima di questa slavina informativa cui siamo esposti quotidianamente rappresenta quella consapevolezza di Verbo incarnato, il resto è solo un’eco più o meno utile che risuona con la velocità dei tamburi ipnotici degli spot telivisivi. Se questi tamburi fanno pur sempre parte dell’orchestra siderale che suona la sinfonia del mondo, oggi il loro rumore è assordante. Alpha Litterae vuole essere un’oasi di silenzio nel trambusto disordinato della Grande Rete utile alla riflessione e sarà creata da coloro che dal Verbo sono ancora affascinati e che, infastiditi e tediati da tanto fracasso di inutili grancasse, provano l’esigenza di ricercare la tranquillità per ascoltare nella quiete l’incessante melodia della creazione del mondo.
 L’uomo domina l’energia, il controllo delle fonti di energia è da secoli il potere sul mondo materiale e l’ambizione di risorse infinite di energia tormenta ogni grande statista. Ma il controllo sull’energia interna dell’uomo va scemando. L’energia che alimenta la nostra Vita è nelle emozioni che proviamo ed è di queste emozioni, personali, soggettive, insindacabili, che si alimenteranno le litterae con le quali i nostri lettori, chiunque di loro vorrà partecipare, contribuiranno ad Alpha Litterae.
Riscoprendo i cicli naturali di nascita, crescita, maturazione, riproduzione, decadenza, morte e rinascita, rappresentati dalle stagioni, i nostri lettori riceveranno Alpha Litterae quattro volte all’anno: nei giorni dei due solstizi, d’inverno e di estate, e nei giorni dei due equinozi, di primavera e di autunno. Perché Alpha Litterae sarà riscoprire in questi cicli eonici, danze sempiterne negli spazi siderali del nostro globo, la Natura più profonda del Verbo e della manifestazione circolare della Vita.
In principio era questo Verbo e da questo Verbo si formò Alpha Litterae.

Sol Invictvs


Vlfvs in Fabvla

 
21 dicembre 2010. È notte, manca poco meno di mezz’ora alla mezzanotte. Dal poggio è possibile godere dello splendido paesaggio del profondo e sconfinato bosco argentato da questa luna piena. La spessa coltre di neve ammorbidisce gli ululati lontani dei lupi. Fa freddo e tira un vento pungente, secco, cristallino. Sembra farsi ancora più buio, e con il buio aumenta il gelo. Ormai mancano pochi minuti, se non avverrà il miracolo vi sarà solo Morte.
Finalmente sono le ore ventidue e quarantatre minuti. Apparentemente non è cambiato nulla, ma non è così. Il miracolo si è compiuto. È arrivato il Solstizio di Inverno. Il Sole ha invertito la sua marcia, è risorto e da questo momento tornerà la Luce e, con essa, la Vita.
Sol Invictus, la festa del Sole Invincibile dei Romani, celebrata il 25 dicembre. E prima ancora gli antichi riti persiani che sempre nello stesso giorno ricordavano la nascita del Dio Mitra e chissà quanti ancora, risalendo indietro nei tempi lontani dei pagani, ne ritroveremmo di celebrazioni, e tutte in questo giorno. Un’analisi ben fatta può essere trovata in Zeitgeist, che consiglio a tutti di videre (liberamente su google video). Quindi hanno ragione i cattolici a sostenere che il 25 dicembre è una data importante, ma sbagliano nell’attribuirsene in esclusiva il merito. In questo giorno speciale festeggiamo il ritorno del Sole, ovvero della Luce che, da quando l’uomo ha memoria, è fonte di Vita e, dunque, di Salvezza. La simbologia religiosa è venuta dopo, molto dopo e si è radicata espropriando dalla memoria popolare gli antichi riti che oggi chiamiamo pagani per insediarvi i propri (non si capisce in cosa meno pagani dei primi).
Per questo invito tutti a rivalutare questo periodo dell’anno. So che per molti l’iconologia cristiana ha reso questa data davvero indigesta ma non è mai un bene gettare il bimbo, di origine divina o meno, con i panni sporchi. In questi giorni ha luogo un piccolo grande miracolo: la luce torna ad aumentare e, giorno dopo giorno, il sole tramonta sempre più tardi. Questo fino al Solstizio d’Estate quando avverrà il contrario.
Nei visceri della terra miliardi di organismi trasformano la materia organica morta e decomposta in materia inorganica utile ai vegetali. Difficile crederlo, ma sotto la coltre di gelo e neve, nel silenzio di questi prematuri pomeriggi bui, la Natura si sta preparando al Risveglio e alla Rinascita.
Per questo amo il Natale, dove per me la parola Natale è sì Nascita ma del Sole, quale fonte di Vita per tutti noi. Un rito millenario da riscoprire al di là del consumismo, commerciale o religioso che esso sia.

Il Cimitero di Praga


Vlfvs in Fabvla

Mi sono interessato a questo romanzo sin dal primo momento in cui, ancora poco più di un’indiscrezione, ne ho avuta notizia. Desideroso di arricchire la rivista di cui sono caporedattore ho cercato, tramite le gentili voci femminili della Bompiani, di arrivare ad un’intervista con il Sommo Professore dato che, all’epoca, ero ancora convinto che il titolo, il Cimitero di Praga, fosse rappresentativo di azioni svolte nella capitale praghese dove vivo. Il muro della discrezione e del segreto, tema tanto caro ad Eco, sul contenuto del libro era così alto che ho presto rinunciato a scavalcarlo. E così sono rimasto in attesa fino a quando un carissimo amico, l’Impoliticvs che condivide con me l’avventura di Alpha Litterae, anche lui inguaribile malato di parossistiche buone letture, dopo un’assenza di due anni torna a visitarmi a Praga e, con sé, mi porta una copia dell’agognato romanzo. Risulato: divorato in due settimane.
Evidentemente è servita una ricorrenza importante come il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia per stuzzicare nel Maestro alessandrino la voglia di capire, ma soprattutto di far capire, come sono andate davvero le cose. Inutile dire che il quadro che, con un linguaggio sempre ricco e forbito, come suo costume, ma non carico ed ermetico come a molti parve quello del “Nome della rosa”, dipinge è lontano anni luce dal quadretto bidimensionale e sciatto della retorica insipida che ci hanno propinato a scuola e con la quale si sono assicurati la ripugnanza di milioni di italiani a capire la propria storia. Eco interviene a gamba tesa: con il piede di porco di Simonini, un falsario abietto, cinico, privo di scrupoli, scassa il coperchio di un vaso di Pandora che, grazie agli attesi formalissimi eventi di festeggiamento previsti per Italia 150, rischiava di rimanere ancora più ermeticamente sigillato. Il contenuto è gustoso, appassionante, la lettura scorre, come gli eventi del libro, velocemente e in modo scoppiettante, non mancano detonazioni, spari ed esperti di bombe, tra intrighi, tradimenti, documenti falsi e cadaveri di più o meno innocenti personaggi che si sono messi nel mezzo tra soggetti molto pericolosi: Simonini, la Storia, la Retorica dei 150 anni e, naturalmente, Eco. Non so in che misura questa mia ricostruzione sia da considerarsi attendibile, ma, sia come sia, queste furono le prime sensazioni che ispirò in me e come tali vi resto affezionato.
La seconda parte del libro, ambientata a Parigi, è più complessa e meno veloce della prima, ma non per questo meno valida, anzi, dove Eco decide di proseguire su un tracciato già a lui e ai suoi devoti lettori ben noto: quello dei presunti grandi complotti della storia modello massonerie varie. Ma questa volta il virtuoso italiano del romanzo storico non si ripete e, dal vaso di Pandora che aveva già ampiamento aperto e che, ormai credevamo vuoto, tira fuori una prelibatezza letteraria dal sapore pungente e l’odore acre del sangue innocente versato: le origini delle persecuzioni degli ebrei nell’800. Messa così non sembra niente di novum sub sole ma la verità è che c’è una miccia corta che brucia. La bomba a orologeria è l’immensa ricerca storica che l’insigne dotto ha condotto e che ha riportato fedelmente nel suo romanzo. L’unico collante tra personaggi, libri e complotti ai danni del popolo ebraico realmente esistiti è, perlappunto, Simonini. Tutto il resto è, drammaticamente, realtà storica, molto scomoda, che il nostro Re Umberto della letteratura italiana moderna, in solitudine sovrano insuperabile, ha voluto riportare a galla, come un cadavere mezzo putrefatto, e pure questi non mancano nel libro, che credevamo, e forse molti speravano, sepolto e dimenticato. Non certo archiviato per assoluzione ma per il-legittimo impedimento di processare quella cultura e quella civiltà che è stata all’origine di queste barbarie: la nostra. Eco non ha pietà di noi e fa bene. In una macabra danza di scrittori di pamphlet velenosi pronti, per pochi denari, a scatenare campagne di odio irrazionale contro gli ebrei o contro i massoni o contro i massoni e gli ebrei insieme (se massoni ebrei pure meglio), gesuiti e finti preti, servizi riservati, rivolte e sommosse popolari, cabale e riti satanici descritti nei minimi dettagli, assassini “necessari” e sparizioni misteriose il mix è davvero esplosivo tanto che, più che con l’inchiostro, pare scritto con polvere da sparo.
Ma la grandezza del libro non sta solo nella sua leggibilità e godibilità (naturalmente parlo ai lettori di una certa caratura che possano sostenere il peso di un Eco), figlia degenere e maliziosa di quei complotti, violenze, segreti e colpi di scena di cui il voluminoso tomo è ricco e che appassionano facilmente tutti noi, né tantomeno nei milioni di copie che sicuramente venderà e nel fatto che molti di noi vi torneranno sopra. La grandiosità dell’opera sta nell’aver svelato con una narrazione semplice i meccanismi di strumentalizzazione dell’odio ai danni di una minoranza di capri espiatori, e da secoli in Europa purtroppo gli ebrei, loro malgrado, rivestono questo ingrato ruolo, tramite lo strumento culturale per eccellenza: il libro. Eco ci mostra come i poteri forti – imperatore, gesuiti, chiesa – manipolino  le coscenze delle persone canalizzando le loro insoddisfazioni verso segmenti più o meno inermi della popolaziopne per evitare che questi stessi flussi negativi finiscano per torcersi contro di loro mettendo in pericolo il loro potere. Sì, lo sapevamo, ma vedere così da vicino e descritto in modo così chiaro la formazione di questo processo di stigmatizzazione è davvero sconcertante. Dopo aver letto questo libro si fa più fatica a stupirsi di tragedie come l’olocausto e altri atroci genocidi. Uno spaccato impietoso sull’origine, soprattutto sociale più che psicologica, dell’odio verso ciò che è diverso da noi ad opera di chi, spietato e senza scrupoli come il Simonini della situazione, sa come guadagnarci sopra. È in fondo il vecchio proverbio “tra i due litiganti il terzo gode”. Eco ci mostra con chiarezza chi sono i due litiganti, chi è il terzo e perché gode così tanto e come ha fatto a mettere i primi due uno contro l’altro. In altre parole è il divide et impera con i quali i romani hanno conquistato e governato nel sangue l’intero mondo allora conosciuto.
Pecche? Forse la doppia personalità di Simonini e l’abate Dalla Piccola e il loro scambio epistolare nel quale ognuno cerca di ricostruire le vicende sue e dell’altro non è stato gestito al meglio, d’altra parte non era neanche compito facile in questo vortice di maschere e mascherati. Eppure, tutto sommato, a mio avviso questo gioco comunque arriva al suo scopo: mostrare la doppiezza dell’uomo, la sua natura complessa, la sua personalità che può creare e crea, per scelta consapevole, il male. Quello che Eco ci vuole trasmettere è che in tutti noi c’è un Simonini e forse, complessivamente, questo è anche il messaggio meno digeribile che, rimasto indigesto a molti, ha scatenato le polemiche. Polemiche che forse Eco adesso sta pregustando, convinto non solo, ancora una volta, di aver dimostrato un controllo encomiabile della lingua e della storia, ma, e qui riscopriamo in parte un proposito quasi didattico del romanzo storico à la Manzoni, anche di aver contribuito in modo sostanziale a permettere a milioni di lettori di poter gridare, se decideranno di farlo, “Il re è nudo”. Un grande monito a fare sempre molta attenzione a ciò che ci viene detto dai mezzi di comunicazione perché dietro, forse, potrebbe esserci proprio un Simonini e noi in Italia, purtroppo, di Simonini ne abbiamo davvero molti.

 E se un libro può provocare un dibattito come lo sta provocando questo, se un libro viene scelto come materiale di studio nelle scuole per capire le origini dell’odio e del razzismo, allora sappiamo di essere di fronte non solo ad un grande e godibilissimo romanzo, ma anche ad un potente strumento di informazione e di sensibilizzazione quale il Libro, nobilissimo feticcio di Eco e di tutti noi piccoli adepti delle buone letture, può e dovrebbe essere. Non serve chissà quale immaginazione per applicare al mondo che ci circonda, che almeno in Europa sembra aver dato una, si spera definitiva, tregua all’odio per gli ebrei, gli strumenti che Eco ci mostra: arabi, terroristi, albanesi, nomadi, rumeni. C’è sempre qualcuno più debole di noi che i nostri archetipi più profondi della paura immoleranno, suo malgrado, sull’altare delle nostre frustrazioni, insicurezze e insoddisfazioni mentre, alle spalle, c’è sempre qualcuno che dirige la campagna di odio e ride dei lauti guadagni che ne trarrà. Mi è capitato di leggere in un articolo interessante che durante la peste della metà del XIV secolo migliaia di ebrei furono trucidati perché ritenuti untori, diffusori colpevoli del morbo. Un qualche Simonini ante litteram si sarà, quindi, preso la briga di diffondere voci e leggende su nasuti e loschi giudei visti aggirarsi nelle oscurità mentre ungevano con il morbo le porte e i muri delle case dei buoni cristiani. Una volta scatenato l’odio dei villani i presunti untori venivano sommariamente eliminati, ché a quei tempi di processi giusti non si sentiva troppo l’esigenza. Successivamente, grazie ad un decreto ad personam del sovrano, le loro proprietà venivano confiscate dalle città che ospitavano i ghetti distrutti e che vantavano crediti verso il re. Questi, perennemente indebitato per sovvenzionare le continue guerre, concedevano loro il perdono formale per i massacri e, con la proprietà materiale dei beni degli ebrei venuti a mancare per volontà di Dio, ripagava i propri debiti nei confronti di queste città. Ecco i due litiganti e il terzo gaudente. Ecco perché un libro come questo andrebbe non solo letto ma diffuso il più possibile perché, forse, il sapere la verità può evitare, finché se ne conserva la memoria, che l’odio nasca e si prepetri ancora.
Complimenti Professore, a Lei tutto il mio rispetto e la mia gratitudine.

Controcorrente (Au Rebours


Oscar Minori
La saggezza popolare ha un detto: “tutti i gusti son giusti”. Direi: “Ma anche no”.
Lo so, è blasfemo andare contro la volontà del Popolo, perché la maggioranza ha sempre ragione, soprattutto quando si tratta di cultura, ma purtroppo non riesco ad essere intenerito dall’idillio della Blasi e Totti, continuo a preferire Tiziano Vecellio a Tiziano Ferro e ho addirittura la pretesa d’avere personalità anche senza un paio di occhiali da sole D&G. Questi dissapori il Popolo li fa pagare mettendo l’eretico al bando, ma preferisco i miei esilî forse perché, a differenza dei gusti impostici, sono inarrestabili, imprevedibili, figli della fantasia e della curiosità e basta una canzone o un libro per poter dar loro vita.
Uno di questi è Controcorrente di Huysmans, capolavoro del Decadentismo spesso considerato come un libro elitario, bizzarro ed ermetico; aggettivi che definiscono perfettamente questo anti-romanzo dove l’unico personaggio, il duca Jean Floressas Des Esseintes, schifato dalla società francese della fine dell‘‘800, scappa nella sua “Tebaide” di Fontenay-aux-Roses per abbandonare una Parigi prosaica, volgare e corrotta.
Des Esseintes, contemporaneo della Seconda Rivoluzione Industriale, assiste alla nascita della società borghese che soppianterà la plurisecolare aristocrazia e che, con la sua ossessiva ricerca di lucro, il suo positivismo cieco e prepotente, il suo celebrare orgogliosamente il cattivo gusto e gli appetiti più vili, preannuncia la società postmoderna del XXI° secolo dove regna il capitale, il consumo e un edonismo prefabbricato e confuso. E l’unico modo per non subirne gli effetti collaterali è la fuga. Una fuga che nel caso dell’aristocratico dandy non è soltanto fisica, cinetica, ma soprattutto cerebrale e sensoriale, un biglietto d’andata verso il sogno e la follia, un viaggio disperato nella nave dei folli dove troverete anche noi, gli esiliati dal Popolo, coloro che preferiscono l’artificio al naturale, il sogno alla realtà, il rococò all’accademico.
Certo, la farsa del carapace di una tartaruga ricoperto da rubini e diamanti o l’invezione dell’organo dove i liquori sostituiscono le note musicali e il rifiuto di nutrirsi dagli orifizi appositi sono i deliri di un autore che aveva un noto senso dell’umorismo (chiaramente non accessibile a tutti) ma anche un modo singolarmente suo di lottare contro un secolo di progresso e pragmatismo usando come sola arma il culto del Bello e del Bizzarro.
Il Bello, il Piacere che si risente nel leggere un’opera dei decadenti latini, o nel vedere un quadro del simbolista Gustave Moreau, o nel assaporare i poemi di Mallarmé, che accederà alla notorietà proprio grazie al “name-dropping” di questo libro Controcorrente, perciò ha non soltanto straordinarie qualità enciclopediche, che ne rendono la lettura didattica, ma anche il pregio di essere una sorta di Galateo con solide istruzioni su un estetica dandy da applicare rigorosamente in ogni circonstanza della vita.
Penso, senza falsa modestia, che il sottoscritto sia riuscito ad assimilarne i principali insegnamenti e una delle prove risiede nel fatto di fare il panegirico di un libro suscettibile di essere apprezzato unicamente dalle rare persone con le quali condivido certe affinità nevrotiche.
 Nonostante apprezzi tantissimo l’aspetto critico dell’opera di Huysmans che con le sue fantastiche doti profetiche anticipa la società nella quale vivo, quello che mi colpisce particolarmente in questo libro è la sua ricerca disperata (ma velata) di misticismo.
Lo scrittore Barbey d’Aurevilly sintetizzò i contenuti del pessimismo di questo romanzo in una frase: «Dopo un libro tale non resta altro all'autore che scegliere tra la canna di una pistola e i piedi della croce»; in effetti Huysmans poco tempo dopo si convertì e, personalmente, la tentazione di riavvicinarsi ad un Dio, ad un entità metafisica, è divenuta enorme, forse perché i dissapori, le collere, e le disillusioni dell’autore son simili alle mie, che siano d’ordine privato o che lo siano in modo più ideologico e politico. D’altronde, sembra che l’unica risposta ad un mondo che ha subito una globalizzazione inanzitutto materiale sia appunto il ritorno verso una spiritualità che ridia un senso ad una vita che si smarrisce nell’idolatria della paillette e della tecnologia, Messia dell’epoca contemporanea che illudono il Plebeo di potersi innalzare dalla sua feccia. Leggere Controcorrente mi innalza dalla mia procurandomi una gioa immensa perché ricorda che non sono solo; che ci sono persone che secoli fa la pensavano un po‘ come me e perché mi fanno dimenticare Il Grande Fratello, Berlusconi, la ragazza che preferisce il troglodita ad un animo gentile e tutti quelli che disprezzano i miei gusti che, non saranno sempre giusti, ma che hanno sicuramente il merito di voler ridare un tocco di bon ton ad un mondo che si inorgoglisce della propria ignoranza.